L’avorio è costituito da dentina, una sostanza formata da un minerale chiamato idrossiapatite (60% circa) e alcune proteine – in particolar modo collagene (30% circa). La dentina si presenta come una serie di strati sovrapposti, ciascuno composto da tante fibre disposte radialmente dal centro della zanna – detto “polpa” – fino al rivestimento esterno – detto “cemento”.
L’avorio è sostanzialmente dentina solidificata. In linea di principio questo materiale è ricavabile in piccole quantità dai denti di molti animali, come l’ippopotamo e il cinghiale o anche dai resti degli antichi mammuth rinvenuti nel permafrost. Si parla invece impropriamente di avorio quando ci si riferisce al materiale di cui sono composti di cui sono fatti i corni del rinoceronte in quanto questi sono composti da cheratina, la stessa sostanza di cui sono fatte le unghie umane. Anche alcuni mammiferi marini, come il capodoglio, il narvalo o il tricheco coi suoi denti simili a zanne venivano uccisi per sottrarre loro i denti che forniscono una sostanza simile all’avorio. È fatta di polvere di avorio la cosiddetta “avorina”.
Non si è trovato alcun materiale che fosse pari per bellezza ed elasticità all’avorio fornito dagli elefanti, neanche quello che si trova nel sottosuolo della Russia e dell’Alaska e che apparteneva ai grandi mammuth vissuti in quelle zone quarantamila anni or sono ed ora fossilizzati. Di questo tipo d’avorio fossile si fa oggi un uso copioso. Dopo tanti millenni di fossilizzazione ha sviluppato la vivianite, una sostanza assente nell’avorio nuovo che sottoposta ai raggi ultravioletti diventa rossa e altera il colore dell’avorio antico di mammuth, che già di rado è chiaro perché col tempo è diventato verde, nero, blu o rossastro.
Conosciuto e adoperato sin dall’antichità dagli egizi, dai greci, dagli indiani, dai cinesi e dai giapponesi, ha avuto una considerevole diffusione nei tre continenti del mondo antico. Tuttavia il suo uso ha comportato una continua e sempre più ingente soppressione degli elefanti, dei quali oggi rimane un numero limitato tanto che ne è stato vietato l’abbattimento se non in rarissimi casi. Ciò ha determinato sul mercato una diminuzione dell’offerta a fronte di un aumento crescente della domanda che ormai interessa quasi solamente l’Asia e l’Africa.
Fra tutti i materiali con cui si è tentato di sostituire l’avorio originale si annoverano l’avoriolina, l’ivorina, la plastica e anche la porcellana, il vetro e il cosiddetto avorio vegetale, ossia un
Ritrovamenti archeologici europei indicano che l’avorio delle zanne di mammuth fosse utilizzato in tempi preistorici come materiale per creare piccoli oggetti scolpiti, raffiguranti animali e talvolta figure umane, in particolare famose sono alcune veneri paleolitiche rinvenute in scavi in grotte.
Alcuni bracciali appartenenti ad un gruppo di reperti presumibilmente risalenti al 4000 a.C. sono considerati i più antichi tra gli oggetti del passato, rinvenuti per lo più nel corso di scavi archeologici operati nel bacino del Mediterraneo. Ritrovati a Mostagedda, in una tomba dell’Egitto predinastico, i bracciali, piuttosto piccoli, potrebbero essere stati ornamento di donne o bambini, forse come oggetti di distinzione sociale o tribale.
In India sono stati rintracciati reperti di lavorazioni con avorio a Taxila, risalenti al II secolo a.C.
Fiorente fu l’arte cretese dell’avorio come testimoniato dalle statuine rinvenute nel Palazzo di Cnosso, e da qui si trasferì sul continente.
Documenti scritti testimoniano l’uso dell’avorio in Grecia, dove lo scultore Fidia realizzò magnifiche ed enormi statue delle divinità tra cui quella di Zeus, statua composita da elementi in oro ed avorio, dette crisoelefantina, che non sono giunte sino a noi, ma di cui l’antichità era a conoscenza. Le donne greche e romane usavano collane, bracciali, pettini, spille, fermacapelli in avorio, materiale usato anche nelle decorazioni degli interni delle case e anche delle navi da parata. Una spilla per capelli, ritrovata nella Britannia romana, testimonia della diffusione dell’avorio sino ai margini del mondo mediterraneo.
Anche in Etruria non mancarono esempi di produzioni di statuette e tavolette in stile fenicio e nel mondo romano si diffuse ampiamente l’arte eburaria che raggiunse il suo massimo splendore durante la sua epoca finale, confermata dai dittici come quello di Probiano e di Stilicone.
L’Africa, che poteva godere direttamente dell’uso di questo materiale, ne faceva pur sempre oggetti di pregio che avevano spesso funzione religiosa e sociale. Tra quelli più recenti di questo tipo erano certamente alcuni bracciali del Benin in cui appare il tentativo di riproporre forme mutuate dai gioielli di stile europeo. Essi sono ornati con figure in altorilievo e propongono immagini di soldati con la corazza. Risalgono al XVI secolo, quando il Benin, un impero dalla struttura complessa, il cui sovrano era ritenuto di origini divine, allargò il suo dominio sui territori circostanti. Le figure militari fanno ritenere di uso virile i due bracciali.
In Europa alla fine del primo millennio l’avorio era sfruttato per creare oggetti non solo ornamentali, ma anche liturgici, e raggiunse una ricca e pregevole produzione nel mondo bizantino. In età romanica divennero usuali soprattutto i pastorali e i reliquiari architettonici, mentre nell’Età gotica la Francia assunse il primato di queste attività artistiche.
L’avorio venne utilizzato anche per costruire i pezzi del gioco degli scacchi.
FONTE https://it.wikipedia.org/wiki/Avorio